Villa Cella, antico borgo della Val d’Aveto, è un’altra area della nostra Liguria che merita una visita. E’ incredibile come l’entroterra ligure offra gioielli legati alla storia locale, nascosti come scrigni da aprire.
La storia di Villa Cella
Frazione del Comune di Rezzoaglio, Villa Cella è raggiungibile seguendo la strada che si stacca da quella principale, subito dopo lasciatosi alle spalle il borgo di Cabanne. Ci si addentra nella valletta che si apre ad ogni curva, avanzando lentamente. Strada stretta, che sale pian piano fino a raggiungere il paese.
Una volta parcheggiata l’auto a bordo strada, in breve si raggiungono le poche case, sormontate dall’antica chiesa. Il borgo, seppur piccolo, ha un passato glorioso e storicamente di rilievo. Ancora oggi sono visibili i resti dell’antico monastero di San Michele de Petra Martina (poi di San Lorenzo). L’edificio fu fondato nel 1103 dal monaco Alberto insieme ad altri sette confratelli, dipendenti dal monastero di San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia.
Nel Medioevo la zona fu un importante centro viario, di transito dalla Val d’Aveto alla Valle Sturla. Ancora oggi sono visibili i resti dell’antico mulino ad acqua, peraltro attivo fino al dopoguerra. L’attività della cella monastica di ricovero per i pellegrini, che percorrendo la Via Francigena si dirigevano a Roma, correva parallela ad altri lavori. Tra questi spiccava l’attività agricola, compresa la produzione di olio, ricavata da un uliveto alle spalle di Rapallo.
Il collegamento tra Villa Cella e l’abbazia di Borzone, inoltre, nei pressi dell’importante arteria che collegava le antiche saline di Chiavari alla Val Padana, contribuiva ad accrescere l’importanza del sito.
Il paese
Ma ritorniamo ai giorni nostri e godiamoci il giro tra le antiche mura. Oggi qui si respira un grande silenzio, immersi nella natura. E’ facile, girando per le poche stradine, lasciar correre la mente e immaginare come doveva essere la vita nei secoli passati.
Luogo isolato, in cui il trascorrere dei giorni era certamente cadenzato dall’incedere delle stagioni. I pellegrini che di tanto in tanto passavano di lì, specie nella bella stagione, probabilmente portavano notizie fresche dalle altre località incontrate lungo la via. In questo modo certamente i monaci conoscevano il mondo al di fuori delle mura del monastero.
E’ plausibile ritenere, inoltre, che anche nel passato regnasse qui un clima di pace, tranquillità e silenzio, soprattutto nei lunghi e freddi inverni. La via, infatti, che conduce a Chiavari non era certamente la principale in questa zona. Così, chi giungeva da Bobbio in genere preferiva attraversare o la Val Trebbia oppure scendere verso la Lunigiana.
Per cui è auspicabile che Villa Cella rimanesse chiusa nel suo parziale isolamento, garantendo ai monaci di attendere alle loro attività, pur considerando talune situazioni di pericolo, tipiche del periodo medievale.
I resti dell’antico mulino, cui accennavo poc’anzi, costituiscono la principale attrattiva odierna del paese, anche da un punto di vista fotografico. E’ interessante notare al riguardo come la Val d’Aveto abbia altri mulini, uno dei quali, a Santo Stefano d’Aveto, pienamente operativo.
Il sole comincia a calare anche nelle lunghe giornate estive, e a fatica si riprende la via del ritorno, non volendosi separare da questa tranquillità, al giorno d’oggi merce rara. L’idea di rientrare nel caos cittadino non è davvero invitante.
Come dicevo, io sono stata a Villa Cella in estate, anche se ho l’intenzione di ritornarci nel periodo invernale, per apprezzare il cambio di stagione. E poi sicuramente i già pochi curiosi che qui si spingono durante la bella stagione si ridurranno ulteriormente con l’avvento del freddo.
Ma vi terrò aggiornati…