Mi sembra sia passata un’infinità di tempo, eppure proprio qualche settimana fa, contando su un bel fine settimana, ho optato per un giro da un giorno, non molto lontano da Genova.
Si cambia provincia: sono entrata in quella di Savona giungendo a Varazze.
Varazze è una bella località turistica balneare che guarda a Genova così come Genova ammicca a Varazze dalla costa.
Le belle spiagge attirano le persone tutto l’anno, non solo in estate.
La strada
Da Varazze basta seguire l’indicazione per “Monte Beigua”. In questo modo si segue la via principale, più larga e che sale secondo un pendio non molto scosceso per queste parti.
Ma dopo poco che si esce dal centro abitato, quando si comincia a capire che ci si lascia il mare alle spalle per immergersi inevitabilmente nei colori e negli odori tipici dell’entroterra, ecco apparire un segnale stradale: “Santuario del Deserto”.
Mi sono sempre piaciuti i santuari, sono un luogo di raccoglimento interiore incredibile, e sovente sorgono in aree straordinarie.
Qui ci si arriva scendendo per una stradina stretta, in mezzo a boschi e fiumi, panorami ideali per la fotografia. Poco prima di arrivare al santuario, tra l’altro, c’è anche un’area attrezzata picnic molto carina.
Davanti al santuario c’è un’ampia area parcheggio. Spento il motore dell’auto, si è avvolti dal silenzio più totale. Di tanto in tanto si incontrano sia ciclisti che seguono i sentieri con le loro mountain bike, sia escursionisti che percorrono una serie di sentieri che collegano siti religiosi.
In lontananza è sempre visibile il mare, come a ricordare che la Liguria da qualunque parte è sempre inscindibilmente legata al suo rumore, ai suoi odori…
Intorno al complesso seicentesco che ospita i padri Carmelitani, si snoda un percorso botanico ad anello, che si estende per quasi due chilometri.
Ma sparse nella vegetazione, vi sono anche sette cappelle detti “Romitori”, una volta usati dai frati per periodi di penitenza e solitudine.
Oggi la comunità dei Carmelitani Scalzi svolge attività per ritiri spirituali e giornate di preghiera. Ma è anche sede di formazione per il Noviziato.
Accedendo alla piccola chiesa, che ospita due tesori d’arte e di fede, si è subito accolti in un’atmosfera intima.
Dicevo le due opere d’arte: il quadro d’altare, opera di Domenico Fiasella del sec. XVII, raffigurante la Sacra Famiglia che incontra Giovanni Battista bambino.
La storia del Crocifisso miracoloso
L’altra opera, davvero importante, è il Crocifisso miracoloso, scultura in avorio del XVII secolo. La storia narra che un cavaliere portoghese nel 1641 aveva acquistato a Goa, in India, un Crocifisso in avorio, opera di un artigiano locale. Durante il viaggio, il suo vascello fu attaccato dai pirati turchi. Il suo crocifisso gli fu tolto e sottoposto a pubblica ingiuria. Ma un giorno accadde il miracolo: nella piazza piena di fedeli musulmani il crocifisso cominciò a sanguinare.
Quel giorno era presente nella piazza anche un frate carmelitano ligure, Padre Michelangelo, anch’egli schiavo ad Algeri.
Egli riuscì ad entrare in possesso del crocifisso e a celebrare nel carcere l’Eucaristia davanti ad esso. Quando Padre Michelangelo fu liberato, portò il crocifisso a Varazze nel 1646, dove rimase definitivamente.
Uscita dalla chiesa, ho ripreso la strada del ritorno, per salire verso la sommità del monte Beigua, con qualche sosta ad ammirare i percorsi tortuosi dei ruscelli che, impetuosi, saltano tra una pietra e l’altra verso il fondovalle.
Sono davvero belli: la loro acqua cristallina lascia ancora una speranza che esista una natura incontaminata.
Riprendo intanto la strada in direzione vetta del monte Beigua. Si arriva a 1287 mt. slm, con veduta totale sul mare, sui borghi della Riviera Ligure di Ponente. Qui è tutto davvero speciale: le zone picnic, il rifugio, i boschi che aprono la vista sui sentieri.
In questa zona ci si viene per respirare aria pulita, per camminare in mezzo alla natura, per capire che in fondo la Liguria è proprio questo: una discesa mozzafiato che in pochi minuti di porta dalla neve delle cime montuose al mare blu che si apre all’infinito.
Merita davvero salire in montagna, fare due passi. Quando ci sono stata io, poco prima della chiusura per il rischio contagio, c’era ancora un po’ di neve, l’aria era frizzante e in giro c’era un po’ di gente, ma non troppa. In tutto questo contesto, l’ambiente è davvero apprezzabile e i sentieri a disposizione offrono opportunità di immergersi nella natura a tutto tondo, in un silenzio davvero appagante.
Da Genova si guarda al Beigua soprattutto quando mostra il suo lato migliore, ovvero quando è completamente imbiancato e ti sembra così vicino a quel mare blu che invece tende a mitigare la temperatura.
Tra l’altro il monte Beigua fornisce al fotografo paesaggista ottimi spunti per scatti da portare a casa. E’ un’occasione per trascorrere una giornata all’aria aperta, in qualunque stagione dell’anno.
Merita ancora una sosta, sulla sommità, il santuario della Regina Pacis, fondato dai Carmelitani, gli stessi del santuario del Deserto visitato poco prima. Piccola chiesina di montagna, qui non servono luoghi di culto grandi né ricchi di opere d’arte: il luogo è tutto il monte Beigua, le opere d’arte le disegna la natura.